Jill Marshall, Human Rights and Personal Identity, Routledge, Abington (OX.), 2017

Chi sono io e che cosa sono?: questi gli interrogativi che soprattutto nel secolo ...


Chi sono io e che cosa sono?: questi gli interrogativi che soprattutto nel secolo scorso e nell’ attuale rilevano, quando si parla di identità della persona. Queste domande divengono essenziali anche per il giurista, non solo per il sociologo, lo psicologo o l’antropologo. Ma come definire la persona? Qui cominciano i problemi per il giurista, perché si discute tuttora dell’inizio della vita, dell’essere l’embrione persona o non-persona, dei rapporti familiari e sociali, dei rapporti tribali nelle società africane ed asiatiche, dell’inclusione e dell’esclusione, e così via. Per risolvere tutti questi poroblemi si ricorre, quasi naturalmente alla classificazione degli individui.

Ma quali criteri seguire per classificare le persone? E il diritto che posizione prende al riguardo? La classificazione è necessaria in ogni caso, o vi sono diritti che si riconoscono a tutti , qualunque sia la  classificazione degli individui? Diritti umani e fondamentali sono eguali per tutti, senza distinzione di sesso, lingua, colore della pelle, credo religioso, opinioni politiche e così via: le formule utilizzate nelle Costituzioni, nelle Dichiarazioni dei diritti – universali o regionali, come la Carta dei diritti fondamentali dell’ Unione europea, la Convenzione europea dei diritti umani, la Carta dei diritti dei popoli africani – più o meno si equivalgono, ma la loro applicazione diverge a seconda dell’ordinamento giuridico a cui si appartiene, a seconda dell’ interpretazione, a seconda della tradizione culturale,  a seconda della società che le approva o le rifiuta.

L’identificazione di persona e individuo – nel senso che non vi possono essere individui inferiori ad altri, perché ciascuno è  persona – è codificata nella nostra Costituzione da tre disposizioni: l’art.2, l’art. 3 e l’art. 22. Quest’ultima è la meno conosciuta e citata, e tuttavia essa  garantisce a tutti la capacità giuridica (di essere titolari di diritti), la cittadinanza e il nome. La disposizione è però scritta in modo rovesciato: “nessuno può essere privato”. Il che significa che la disposizione si rivolge a chi ha già capacità giuridica, cittadinanza e nome. Più complessa è la situazione quando cittadinanza e nome non sussistono (perché la persona è nata orfana e quindi le si deve attribuire un nome, o perché la persona è stata privata della cittadinanza, e quindi è un apolide). La capacità giuridica invece si acquista con la nascita da parte di tutti  (art.1 cod.civ.) ed alcuni diritti (secondo la legge n.40 del 1994) sono attribuiti ancor prima della nascita, all’ embrione.

Jill Marshall, già professore all’ Università di Leicecester ed ora professore di diritto alla Royal Halloway Universityof London, in questo bel libro spiega perché l’ identità personale è importante per il diritto, come essa sia classificata dal diritto tenendo conto delle apparenze (sesso) o delle preferenze (gender), dei rapporti familiari, della libertà di esprimere la propria identità, nel modo di porsi con gli altri, e anche nelle comunità, nell’ambito della scuola e del rapporto di lavoro, con il proprio credo , la religione,la coscienza, e aggiunge anche la razza - vocabolo che vorremmo giustamente  espungere dalla nostra Costituzione per non accreditarne il rilievo nel linguaggio e negli obiettivi di odio trattandosi di un concetto pseudo-scientifico e un pericoloso strumento di emarginazione o di persecuzione sociale.

La conclusione di Marshall è che per evitare discriminazioni, emarginazioni, conflitti, si deve riconoscere un diritto fondamentale alla identità personale, che implica per l’individuo il diritto di darsi una identità individuale e collettiva, per non subire una identità che non gli appartiene , in cui non crede, in cui non vuol essere imprigionato.

E’ attualissimo il libro di Marshall, professoressa e già solicitor, e quindi ben consapevole delle difficoltà che hanno gli avvocati per far valere questo diritto dinanzi  a Corti spesso ottuse o ricalcitranti o conformiste. Ma è già una grande acquisizione (che noi italiani in via interpretativa abbiamo  raggiunto da quasi mezzo secolo) riuscire a provare fondatamente che l’identità personale è un diritto fondamentale.

Nel libro si discute dei temi a cui ho fatto cenno, ma non si approfondisce un altro  rilevante aspetto che riguarda la società tecnologica di oggi: l’identità digitale. Quella identità che  Stefano Rodotà con profetiche parole  aveva dipinto in un articolo pubblicato da Repubblica (del 14.12.2009), sostenendo che oggi < l' identità diventa multipla; si articola attraverso il presentarsi sulla scena del mondo con una molteplicità non solo di pseudonimi, ma di rappresentazioni di sé; conosce gradi diversi di persistenza pubblica, che variano a seconda dell' intensità con la quale viene riconosciuto un "diritto all'oblio", legato soprattutto alla possibilità di far scomparire dalla rete informazioni che ci riguardano. E la libera costruzione della personalità si collega sempre più intensamente al diritto di non sapere>. Con il medesimo acume aveva  poi sistematicamente organizzato una “antropologia dell’ homo dignus”. Ecco allora che identità e dignità diventano un valore unitario, perché se la persona  è compresa nella sua dignità, qualunque sia la sua classificazione e quindi la sua identità, può ritenersi salva.

Guido Alpa